lunedì 12 maggio 2014

In preparazione della giornata di riflessione sul tema Arte e Stato, che la Consulta per lArte Contemporanea Roma ha deciso di organizzare, vi inviamo un primo testo redatto da Alfredo Pirri e Stefano Velotti che spiega le ragioni della nostra proposta.
Questo testo è un invito a tutti voi a collaborare alla riflessione, inviando a vostra volta dei testi e delle proposte che saranno utili a creare una sorta di primo ragionamento collettivo sul tema. Potete postare direttamente le vostre idee sulla nostra pagina Facebook Consulta Roma, e anche inviandole allindirizzo consultarteroma@gmail.com.
Grazie come sempre per la vostra attenzione e partecipazione.
Il Consiglio della Consulta Arte Contemporanea Roma.  




Appunti per un convegno su Arte e Stato


La politica - quella che governa - ogni tanto si ricorda dell'arte, che è stata, permanendo, la sua lingua fondamentale. La pratica, privata e collettiva, che ha generato lo Stato (quello attuale, ipotetico o futuro). Unidea di Stato non da intendersi brutalmente come somma delle istituzioni politiche più i cittadini che ne abitano i confini geografici, ma azione dinamica che prende forma grazie allinterrogazione permanente che larte in primis ha saputo mettere in opera, affidandosi il compito di rendere plasticamente visibile il concetto, altrimenti astratto di Democrazia. Ultimamente questo rapporto oscilla tra due poli, entrambi schiacciati sullimmagine del solo profitto economico: con la cultura non si mangia, da un lato, la cultura è il petrolio italiano, dallaltro.

Una discussione seria sul rapporto tra lo Stato e quel che chiamiamo 'arte contemporanea' (che della cultura è solo un aspetto ma imprescindibile ed esemplare) deve partire dal rifiuto di questo piano del discorso. Un piano che ignora del tutto il ruolo fondativo che larte ha nella nostra civiltà, sia a proposito del linguaggio comune, sia alla simbolizzazione della libertà personale. Oggi, infatti, si è diffusa nel senso comune la sensazione che occorra quasi scusarsi se si parla di arte e cultura, salvo che non si aggiunga subito che "la 'cosa' avrà una ricaduta economica", come se solo con questa clausola si saprebbe di cosa si starebbe parlando. Al contrario, il profitto (inteso sia in senso economico, sia politico) è estraneo alla sfera dell'arte e della cultura proprio com’è e deve essere estraneo a quello dell'amministrazione della giustizia o della tutela della salute -, né è necessariamente il fine ultimo delle esistenze individuali di ciascuno, di una nazione o di una comunità, europea o di altro genere. Larte opera, al contrario, in equilibrio sempre dinamico e provvisorio sul crinale fra rappresentazione e critica dellesistente. Non è questo medesimo equilibrio, in fondo, a essere servito da modello alla cosiddetta rappresentanza politica? Trattare larte in una prospettiva di ritorno (o non-ritorno) economico, non è forse rimuovere la questione centrale della rappresentanza, negando al tempo stesso lelemento perturbante e scompaginatore della realtà che è proprio dellarte?

Bisogna avere il coraggio di passare per ingenui o arroganti, di fronte ai sorrisi di sufficienza o alle pacche istituzionali sulle spalle di chi crede di saperla lunga e di essere 'realista', ma che invece non sa semplicemente di cosa parla. Certo: il pane per tutti! Ma neppure il riconoscimento di questo primato del pane sarà possibile in una società che accetta come dato di senso comune il primato totalizzante del mercato, la colonizzazione economica di tutte le sfere della vita, e la riduzione della sfera artistica e culturale a intrattenimento di lusso, o a 'evento' per le masse, o ad attrazione turistica, o a 'risorsa da valorizzare'.

Se listituzione principale (lo Stato) permane in questa logica, si allontana pericolosamente dal patto popolare su cui esso stesso si fonda: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione" (art. 9 della Costituzione Italiana.) Di conseguenza, gli uomini e le donne che primariamente rappresentano lo Stato, ponendosi fuori da questo patto, fanno sì che ogni vincolo di rappresentanza rischi di sciogliersi come neve al sole e insieme alla rappresentanza si sciolga anche ogni dibattito o pratica culturale e sociale finalizzata ad analizzare la crisi della democrazia e della sua probabile fine imminente. Vincolare l'attività artistica al profitto sarebbe come vincolarvi l'amministrazione della giustizia: in entrambi i casi è evidente che si produrrebbe solo corruzione il rapporto tra lo Stato e l'arte non può essere un rapporto fondato sulla corruzione (delle persone e del linguaggio).

Se le cose stanno così, questo convegno sarà l'occasione di far valere la nostra sovranità di cittadini (art. 1 della Costituzione) e di esigere dalle istituzioni che non generino e non sostengano la corruzione.

Nel convegno si potranno affrontare dunque questioni di principio, che sgombrino il campo dai luoghi comuni più triti e degradanti, entrati ormai nel senso comune e anche questioni concrete, come la situazione dei Musei darte contemporanea, la loro gestione e il loro ruolo, ricordandoci sempre che l'arte e la cultura non nascono a comando (e se nascono così, nascono molto male), ma necessitano però di condizioni che ne rendano possibile lo sviluppo: luoghi d'incontro, luoghi pubblici o aperti a tutti in cui sia possibile ritrovarsi, discutere, darsi tempo.

Parlare del rapporto tra Stato e Arte significa allora parlare anche della riappropriazione delle nostre piazze, dei luoghi e degli edifici in cui ritrovarsi, sedersi, passeggiare, conversare, progettare. Le nostre piazze sono diventate invece infrequentabili, mangiatoie per turisti 24 ore su 24. Questi luoghi sono parte della nostra eredità culturale, delle nostre forme di vita e della nostra prassi, e devono essere riqualificate e rii-modellizzate. Vogliamo degli spazi in cui sia possibile imparare dai nostri migliori artisti, curatori, critici, filosofi, storici, scrittori, registi, almeno da quelli che vorranno mettersi in gioco, uscendo ogni tanto dall'asfittico "sistemino dell'arte".

Ogni proposta che ambisca a costruire o ricostruire un tessuto culturale e artistico ormai consunto e calpestato, è benvenuta. Tali proposte possono situarsi a livelli diversi: politico, amministrativo, urbanistico, edilizio, etc. Possono riguardare una molteplicità di casi o un caso singolo, un sistema o un suo elemento. Abbiamo il diritto e il dovere di ridare ossigeno, piacere di vivere e ricchezza immateriale alla nostra città, a noi stessi e a tutti quelli che lo vorranno, e di mettere in croce chi ha accettato ruoli istituzionali per ricostruire e custodire questo prezioso tessuto.

Alfredo Pirri e Stefano Velotti







Nessun commento:

Posta un commento